LATINA: 14 AGENTI PER PRELEVARLO, MA E’ UN BAMBINO DI 8 ANNI. LA MADRE ACCUSA IL TRIBUNALE: “MI TOLGONO MIO FIGLIO”

Di Roberta Lerici

E’ questa la sconvolgente “operazione” che si è svolta stamane a Latina.Le forze dell’ordine, con la collaborazione dei servizi sociali e delle figure professionali che impone la legge in questi casi, dovevano eseguire un provvedimento del Tribunale dei Minori di Roma  che imponeva il prelievo di un bambino dalla casa materna.

Nell’atto del giudice Roberto Ianniello, afferma l’avvocato Coffari, è scritto fra l’altro:

LA POLIZIA PROCEDERA’ SENZA INDUGI VINCENDO OGNI RESISTENZA DI OPPOSIZIONE DI ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI ALLONTANAMENTO E PROCEDENDO PER EVENTUALI VIOLAZIONI DI LEGGE IL SERVIZIO RELAZIONERA’ DELL’AVVENUTO ALLONTAMENTO E DEL COLLOCAMENTO. VIETA ALLO STATO IL RAPPORTO CON LA MADRE E LA SUA FAMIGLIA”.

Insomma, il bambino andava  prelevato e allontanato per portarlo in una casa famiglia di Roma, con il conseguente abbandono della scuola, degli amici e della sua casa. E, soprattutto, con il divieto assoluto di vedere la madre e i suoi familiari.

Perchè? Perchè il bambino rifiuta di vedere il padre e, allontanandolo dalla madre e da tutto il suo mondo, il giudice pensa che sia più facile avviarlo ad un percorso di riavvicinamento con il padre. Una “terapia” sul cui successo, purtroppo, non mi pare ci siano conferme. Fin qui la cronaca della mattinata di oggi.

Domani attendiamo di conoscere gli sviluppi di questa incredibile vicenda. Certamente, come persona impegnata nella tutela dei minori con il Movimento dell’Infanzia e come responsabile del Dipartimento Infanzia dell’italia dei Valori, condanno questo modo di procedere da parte di una istituzione come il Tribunale dei Minori, che dovrebbe mettere al centro gli interessi del bambino e che, invece, con questi provvedimenti non fa altro che traumatizzare ulteriormente i minori al centro di dispute.

Non ritengo, inoltre, che per risolvere il rifiuto da parte del figlio di uno dei due genitori, lo si debba rendere orfano, privandolo anche dell’affetto dell’altro. In casi del genere, sono gli stessi neuropsichiatri infantili a sconsigliare la separazione dei bambini dalle madri rimaste uniche figure di riferimento, ma i loro pareri vengono troppo spesso ignorati dai giudici. In attesa degli aggiornamenti di domani, ecco l’agenzia uscita stamattina:

(LZ) MINORI. LATINA, IN 14 PER PORTARE BAMBINO IN CASA FAMIGLIA LA MADRE AVEVA ACCUSATO IL TRIBUNALE: ‘MI TOLGONO MIO FIGLIO’.

(DIRE) Roma, 16 apr. – Quattordici persone per prelevare un bambino e portarlo in una casa famiglia. A Latina, agenti e assistenti sociali sono in attesa fuori dalla casa di V.P., madre di A., bambino di 8 anni che il Tribunale dei minori di Roma ha deciso debba essere allontanato dalla mamma e trasferito in una casa famiglia nella Capitale. Dal 2002, il minore e’ al centro della disputa, anche giudiziaria, fra i genitori, dopo che la donna, dopo aver partorito A., si rifiuto’ di andare a vivere con l’uomo e aver denunciato presunte violenze psicologiche e fisiche da parte del padre del bambino. Al momento, secondo il racconto di persone vicine alla donna, in casa a Latina c’e’ solo la nonna, la mamma della madre del bambino, mentre la donna e’ attesa assieme al minore da agenti e assistenti sociali per trasferire A. nella casa famiglia. Ma la madre del bambino nei giorni scorsi ha raccontato il calvario di questi ultimi anni, contestando la gestione della vicenda da parte del giudice, bocciando l’ultimo decreto che sancisce l’allontanamento del figlio da lei e rimarcando la disattenzione nei confronti delle esigenze del bambino, che a suo dire non vuole stare col padre e che verrebbe sottoposto a un doppio trauma: il dover lasciare sia la madre sia gli amici, cioe’ i compagni di scuola, nel trasferimento da Latina a Roma. (Rel/ Dire) 12:50 16-04-10

http://www.bambinicoraggiosi.com/?q=node/1932

Contro le dichiarazioni del Cardinale Bertone: mobilitiamoci!

I giovani di Italia dei Valori Firenze esprimono oggi tutto il loro disappunto ed il loro sdegno in seguito alle dichiarazioni del Cardinale Bertone, espresse nella sua visita in Cile, sulla presunta accertata equazione omosessualità-pedofilia. Riteniamo che tale equazione non faccia altro che fomentare il razzismo e la discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.

In un momento in cui la Chiesa si trova in difficoltà, a seguito di vari casi venuti alla luce di reati sessuali perpretati su minori da suoi rappresentanti, dichiarare che non vi è nessun nesso tra celibato e pedofilia ma che sarebbe invece accertata la relazione tra omosessualità e pedofilia, si traduce in un’affermazione irrispettosa e assai discutibile anche nei confronti dei numerosi omosessuali seguaci della Chiesa Cattolica.

Difendersi dalle accuse di pedofilia che provengono dallo stesso ambiente ecclesiastico attaccando l’omosessualità è un atto lesivo ed inaccettabile per tutte le categorie sociali e la sua denuncia, di quella parte della società civile e della politica che ha senso critico e attenzione alla laicità dello stato, non può che essere ferma.

Lara Benfatto
Rappresentante Giovani Provincia di Firenze

Perchè l’affido condiviso non va applicato nei casi di violenza familiare

Anche i giuristi democratici intervengono sulle dichiarazioni della ministra per le pari opportunità

Il contesto famigliare è il luogo privilegiato di espressione della disparità di potere nella relazione tra coniugi

“…alto è il tasso di violenze da parte degli ex coniugi ai danni di donne e figli in casi di affido condivisonon perché questa sia occasione di scontro sui figli, ma perché l’affido condiviso viene sovente concesso anche quando già erano state avanzate da parte della donna precedenti denunce penali al marito per percosse, minacce, maltrattamenti.”

di Associazione nazionale giuristi democratici

Lettera aperta dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici, Gruppo di studio Generi e Famiglie, alla Ministra per le Pari Opportunità Mara Carfagna, in merito alle dichiarazioni rilasciate sulla violenza degli uomini contro le donne.

La violenza e le discriminazioni compiute dagli uomini ai danni delle donne, siano esse di tipo fisico, psicologico o economico, aldilà del contesto in cui vengono compiute, non rappresentano mai una “trasformazione” della realtà, un evento eccezionale, una “anomalia” connessa a qualità personali del singolo uomo che le compie, ma, come espresso nel Preambolo della Convenzione per l’Eliminazione di ogni forma di discriminazione contro la donna (CEDAW), sono la “manifestazione di un potere relazionale storicamente diseguale tra uomini e donne…uno dei principali meccanismi sociali attraverso i quali le donne sono costrette ad occupare una posizione subordinata rispetto agli uomini.”

Il contesto famigliare è il luogo privilegiato di espressione della disparità di potere nella relazione tra coniugi: perché inevitabilmente il duplice ruolo che la donna in questo contesto è chiamata a ricoprire di moglie e madre la rende soggetta ad una serie di “aspettative” da parte del coniuge e della società stessa, che la vedono ancorata ad un ruolo primariamente di cura e riproduttivo, di servizio, e non, come dalla Ministra affermato, di realizzazione.

Infatti, statistiche, indagini criminologiche e studi psicologici di levatura internazionale sono concordi nell’affermare che la violenza dell’uomo in seno alla famiglia si scatena proprio nel momento in cui la donna sceglie di abbandonare il proprio ruolo di moglie e madre o “interpretarlo liberamente”, cercando di esprimere le proprie qualità anche come cittadina e donna, dunque come soggetto, prima ancora che come oggetto di “funzioni” legate al suo ruolo.

E’ in questo momento che l’uomo si sente legittimato, imponendo la propria forza fisica, il proprio potere economico, il bene “superiore” della famiglia, a dissuadere la donna dalla possibilità di scegliere come costruire la propria vita, a sminuire la scelta di autonomia della donna come scelta debole, a cercare di tenerla al suo servizio con tutti i mezzi possibili, dalla minaccia allo stupro, alla violenza sui figli.

Perché deve sapere, Ministra, che alto è il tasso di violenze da parte degli ex coniugi ai danni di donne e figli in casi di affido condiviso, non perché questa sia occasione di scontro sui figli, ma perché l’affido condiviso viene sovente concesso anche quando già erano state avanzate da parte della donna precedenti denunce penali al marito per percosse, minacce, maltrattamenti.

L’incapacità di valutare la pervasività della violenza dell’uomo in famiglia, che non solo si rivolge contro la donna, ma anche è violenza assistita per i figli che indirettamente la subiscono, porta a concedere l’affidamento congiunto anche in questi casi, consentendo all’uomo violento di continuare a trovare spazi per distruggere fisicamente e psicologicamente le persone, donna e figli, che hanno deciso di sottrarsi dalla sua potestà.

A fronte della gravità e della pervasività della discriminazione e della violenza degli uomini ai danni delle donne italiane, pare una ulteriore ed inaudita violenza istituzionale non solo la scelta di non assegnare un Portafoglio al Ministero delle Pari Opportunità per consentirLe di poter effettivamente intervenire a supporto dei centri antiviolenza e rendere concrete le politiche di supporto alla fuoriuscita delle donne da situazioni di criticità, ma anche la scelta di tagliare quei già pochi fondi stanziati a tal fine, che ancora una volta, da un Governo preminentemente composto di uomini, viene distratto alle politiche delle pari opportunità a favore di altri e del tutto diversi ambiti (abolizione ICI prima casa, quella in cui i coniugi possidenti e maggiormente remunerati rispetto alle proprie consorti potranno continuare ad esercitare agevolmente su di loro violenze e pressioni economiche e psicologiche).

Molte altre sarebbero le osservazioni su cui soffermarsi, ma, per brevità, pare opportuno in questa sede portare a Sua conoscenza e fare rimando alle Raccomandazioni che il Comitato per l’applicazione della Convenzione per l’Eliminazione di ogni forma di discriminazione contro la donna (CEDAW) ha, in più riprese, rivolto al nostro Stato, e che sempre sono state ignorate ed occultate, al punto da doversi una associazione come la nostra addossare l’onere di tradurle e diffonderle. Le alleghiamo alla presente, nella speranza voglia fare di tali Raccomandazioni fulcro centrale di indirizzo delle azioni che porrà in essere, che sempre dovranno essere rivolte alla promozione della donna in quanto soggetto, per rendere concreto il godimento dei loro diritti fondamentali.

Associazione Nazionale Giuristi Democratici Gruppo di studio Generi e Famiglie Le dichiarazioni della ministra Carfagna sono disponibili sul suo Blog

LEGGETE I PUNTI DEL PROGRAMMA ITALIA DEI VALORI TOSCANA

programma idv toscana idv

affido condiviso: i blog su cui trovare info dettagliate e testimonianze

 

Elezioni regionali Toscana: aiutaci a diffondere il nostro programma!

COORDINAMENTO DONNE ITALIA DEI VALORI DONNE TOSCANA

Il coordinamento donne Italia dei Valori Toscana intende sostenere, e condividere insieme alle altre forze politiche, nell’ambito delle tematiche affrontate nell’ultimo anno di attività, dopo un confronto con associazioni di donne e di cittadine toscane, una cornice programmatica di proposte per il prossimo quinquennio di governo regionale.

Proposta n. 1 Reddito Minimo di solidarietà PER DONNE VITTIME DI VIOLENZA e altre agevolazioni

Istituzione di un reddito minimo di solidarietà  a tutela delle donne vittime di violenza maschile, ed un’altra serie di agevolazioni, attraverso fondi del bilancio statale e regionale, sull’esempio di forme di reddito sociale esistenti e previste in tutta Europa, e per quanto riguarda l’Italia, sull’esempio della Regione Umbria (proposta di legge attualmente in discussione).IL REDDITO MINIMO DI SOLIDARIETA’da erogarsi a donne che hanno subito violenza sessuale, maltrattamenti fisici e psicologici, fenomeni di persecuzione, abusi e minacce, molestie e ricatti a sfondo sessuale, in tutti gli ambiti sociali, a partire da quello familiare, dovrà essere non tassabile e avere durata illimitata, fino al miglioramento delle condizioni economiche, attraverso il reinserimento lavorativo. Tale reddito consentirà alle donne vittime delle fattispecie di cui sopra, di emanciparsi dal punto di vista della sopravvivenza economica, e di allontanarsi dal luogo delle violenze .Proponiamo altresì che le donne vittime di violenza possano usufruire di:

Sanità: esenzione totale del ticket (prestazioni del Sistema Sanitario Nazionale gratuite, comprese le cure dentistiche, visite specialistiche ed esami oculistici )

Casa:priorità nelle liste di assegnazione delle case di edilizia pubblica, sia in presenza di figli minori che single.

Scuola: mensa scolastica gratuita per tutto il percorso scolastico-dalla scuola materna alla scuola elementare- libri gratuiti per i figli iscritti alle scuole medie, latte artificiale gratis per donne incinte.

Aiuti finanziari aggiuntivi non tassabili per i familiari a carico affetti da: ritardi mentali o autismi , malati cerebrali permanenti, disturbi fisici e mentali, anche dovuti all’invecchiamento, con bisogno di aiuto esterno.

Formazione professionale: promozione dei percorsi di reinserimento lavorativo

Inserimento professionale: Inserimento delle donne vittime di violenza maschile in graduatorie speciali – per persone svantaggiate – per l’accesso alle professioni in lavori di pubblica utilità, priorità nella scelta delle candidature nelle fasi di selezione del personale per bandi relativi a incarichi presso enti e istituzioni pubbliche, per progetti di breve, media e lunga scadenza o per contratti a tempo determinato.

Istituzione di uno sportello unico per le donne vittime di violenza maschile con sede regionale, che operi in accordo ai centri per l’impiego, con specifica relazione allo sportello donna, alle aziende sanitarie, alle istituzioni scolastiche, ai centri antiviolenza, alle forze dell’ordine, all’imprenditoria locale, etc, con funzioni di raccolta e divulgazione di informazioni e di mediazione tra le parti in favore delle donne vittime di violenza maschile.

Attivazione di un servizio di supporto a donne vittime di violenza maschile di nazionalità straniera, con o senza il permesso di soggiorno, affinchè abbiano accesso alla sanità, a possibilità di reinserimento lavorativo etc etc e siano tutelate dal diritto di asilo ( va bene chiamarlo cosi?-oppure in base all’art. 18), se vittime di violenza maschile fuori e dentro il nostro territorio.

– Spazi pubblici: disponibilità di utilizzo di spazi pubblici a sostegno di progetti di socializzazione, di reinserimento sociale, e/o a sostegno dell’avvio di attività d’impresa per donne vittime di violenza. (v. esperienza dell’Incubatore di Firenze che attraverso bandi assegna la possibilità a piccole imprese di avere una stanza, una sede fisica, un affitto basso, telefono e connessione esistente e altre risorse disponibili). (www.incubatorefirenze.it)

  • Istituzione di una “città delle donne”, una casa, o edificio, o struttura per le donne vittime di violenza con zona baby sitting, dove le donne possano studiare, imparare un mestiere, esercitare attività artigianali, attrività culturali, imparare, costruire progetti collettivi per se stesse e in funzione della comunità. Una casa del genere potrebbe essere istituita come bene pubblico, essere avviata attraverso fondi pubblici e di privati e auto sostentarsi, grazie all’attività di impresa delle stesse donne che la frequenteranno.

Proposta n. 2 : Istituzione del Pubblico Tutore per i Minori ( Garante dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza)

La vigente normativa statale non prevede l’istituzione, a livello nazionale, di un organo di tutela e promozione dell’infanzia e dell’adolescenza, nonostante ci siano diverse proposte di legge in campo, e nonostante le sollecitazioni promosse nel corso degli anni ottanta e novanta da parte degli Organismi Internazionali ( Nazioni Unite 1989, Consiglio d’Europa 1996).

Questo istituto di garanzia si sta, diversamente, sviluppando a livello regionale.

A parte il primato della Regione del Veneto, che con una politica anticipatrice degli orientamenti internazionali ha istituto già nel 1988 (L.R. 42/1988) l’Ufficio protezione e pubblica tutela dei minori.

Attualmente solo le Regioni Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio, Molise, Campania, si sono dotate di una legge istitutiva di quest’organo di garanzia, ed hanno dato attuazione, in tempi diversi, alla relativa legge di previsione, nominando il Pubblico Tutore/Garante dei minori e attivandone la struttura.

idvdonnetoscana@gmail.com

 

 

 

 

Firma la petizione su affido condiviso: MAI al genitore violento

firma anche tu la petizione on line su proposte di modifica legge affido condiviso: MAI al genitore violento

obiettivo 50.000 firme. VAI SU:

www.petizionionline.it

grazie,
coordinamento regionale donne Italia dei Valori Toscana